Il ddl Zan dopo le parole di Draghi: parla la prof. D’Arienzo

Maria d’Arienzo è professore ordinario di Diritto Ecclesiastico alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli: l’abbiamo intervistata in merito ai recenti e ai prossimi sviluppi del caso suscitato dalla “nota verbale” della Segreteria di Stato vaticana.

È la prima volta che la Santa Sede interviene con una nota diplomatica su un disegno di legge?

No, non è la prima volta.  Vi sono precedenti specifici nei rapporti tra Santa Sede e Italia ed è possibile rinvenirli già ad esempio nelle note diplomatiche n. 5902 del 22 agosto 1966; n. 1180 del 16 febbraio 1967 e la 735 del 30 gennaio 1970 in relazione al disegno di legge sul divorzio.  

Il premier Draghi ha ribadito la laicità dello Stato. Può essere letto il richiamo al principio di laicità come una risposta alla nota diplomatica della Santa Sede?

Penso che il discorso non possa essere letto come una replica ad una possibile ingerenza della Santa Sede. D’altronde lo stesso Presidente del Consiglio richiama la distinzione tra  la fase di formazione delle leggi, rispetto alla quale è sovrano il Parlamento, dalla successiva fase di applicazione della stessa che è sottoposta anche ai successivi controlli della Corte costituzionale. In altri termini, la nota diplomatica non rappresenta in termini tecnici un attacco alla laicità o un’ingerenza della Santa Sede nell’esercizio del potere legislativo del Parlamento italiano. Più precisamente, nel pieno rispetto dell’art. 7 Cost., la nota diplomatica si pone – come è di consueto nella prassi diplomatica – come lo strumento attraverso cui è possibile evidenziare  criticità derivanti da un eventuale intervento normativo per il rispetto degli accordi internazionali.  Difatti, la nota diplomatica vaticana in relazione al d.d.l. Zan si limita a richiedere una “diversa modulazione” del testo del disegno di legge in considerazione delle possibili problematiche che potrebbero nascere sul piano applicativo, soprattutto rispetto alla libertà garantita dalle norme concordatarie e in relazione specificamente allo svolgimento delle attività educative delle scuole paritarie cattoliche. La sollecitazione della Santa Sede appare dunque finalizzata a favorire una più attenta valutazione dei rischi sul piano penalistico che dall’applicazione della futura legge Zan potrebbero derivare rispetto all’affermazione del principio di tutela del pluralismo dei valori.

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